venerdì 23 febbraio 2024

El Horno (capitolo A)

A dargli tutto quel tempo che gli occorre, Skeeen è davvero capace di provare e d’impartire l’estasi esattamente lungo tutto quanto il locale… Skeeen non può proprio celarlo nemmeno a se stesso: a mala pena domina l’ansia che in quest’attimo l’assale, allorché, sospinto dal suo stesso interesse si risolve a trascrivere soltanto mentalmente – ma accuratamente, ma molto al di sopra di enigmatiche parole, come fosse una cosa attigua a carceri questo pensamento, come fosse suo remoto parente questo strazio straziante che strazia ma come costretto fosse a conviverci, come fosse un orizzonte velato e oscuro, come fosse un piano secolare, come fosse un mandamento ma orrendamente divino -, la copia affrettata, come fosse, di tutti quanti gli avvenimenti passati e anche futuri della sua vita… e via, e via, e via… ma proprio alcuni di questi avvenimenti, già da molto prima d’incominciare, hanno animo – muto forse, silenziosissimo ma simile a tifone grandissimo – adulto e fanciullo insieme: terra e melma e paura brulla e quasi mancamento e ancora lontananza da primissimo desiderio sono questi avvenimenti. niente d’altro da aggiungere, niente d’altro da dire:

A dargli tempo, quindi, Skeeen è proprio capace d’inebriarsi, d’ubriacarsi nel cuore stesso dell’inferno abissale de El Horno: “il nome del posto è di per sé già strano, è come meraviglioso presagio, non tanto allettante ma come non cedere alla tentazione”, dice nella sua mente Skeeen, “al disarmo totale che prevede un luogo come questo: le luci appena visibili colpiscono in tutta la loro vera crudeltà: una poesia del trasalimento” e via, e via, e via,...

https://ebooks.gaiaitalia.com/prodotto/elhorno-di-bo-summers-a-cura-di-fabio-galli/

prepotenza del verbo...

Prepotenza del verbo e invadenza del dire sono punti davvero focali in qualunque educazione poetica, ove le nominazioni effettive, la purissima matrice del dire, contrastano con la ruvidezza delle parole, più o meno violente.
Oltre al totale asservimento fisico, alla brutalità pornolalica, il poeta vuole squassare il suo stesso ordine interiore e annullare la pochezza della recita affabulatoria, smantellando la mente. La scrittura, umiliata esecutrice, è deresponsabilizzata da qualsiasi colpa del dire, mentre viene portata a confondere dolore e godimento linguistico.
Io-lirico è inserimento di considerazioni estemporanee e rare battute di dialogo col reale, sempre senza alcuna avvisaglia d’interiazione. Il poeta approva il comportamento di tutte le parole pur domandandosi se sia corretto, ancora, oggi, il “fare” poetico per godere dei tanti oltraggi al suo essere pudore nell’annunciare.
Un’accesa dimensione quasi sensoriale che porta epifanicamente al suo stesso passato, a ritroso nella falsità delle vecchie relazioni del dire assoluto fino a giungere alla posta in gioco di verità del presente di foucaultiano ricordo.
Per quanto la poesia cerchi di ridurre il rapporto a puro esercizio di narcisismo egoistico, il piacere del gioco linguistico subentra principalmente in una dimensione tutta psichica [quai onanismo fosse della parola] e, per quanto la poesia si veda lontana dall’attaccamento al vero reale, raggiunge un interno ed eterno riposo manifestandosi quale richiesta di un completamento reciproco con il poeta stesso, risposta ideale agli imperativi tutti.
Ma qui il desiderio dello scrivere è meno materialistico. Il poeta chiede, infatti, ciò che la poesia può dare, ovvero una traduzione dell’atto dello scrivere: come una libertà dimenticata e andata, congedata dal bacio minutale, in balia di quanto accaduto e deceduto.
L’io-lirico non si stupisce, mai. Solo questo senso dello scrivere esercita un simile potere. Niente altro e imputa la sua terribilità nel godere all’intasamento mnemonico della parola desiderata, che non si straccia per lasciare spazio al presente storico.
Solo nell’ineffabilità del poetare si vince la resistenza della mente che si sente compresa e presa per cosa realmente è, un intendimento che supera gli stilemi.
Essere in completa balìa, fa saggiare l’esperienza della morte, da cui ci si risolleva di colpo col godere: ancora una volta, il superamento del principio di piacere porta l’io lirico a non ricercare affatto il proprio bene, ma a rincorrere ciò che intacca la capacità fisica ed emotiva di mantenere un equilibrio interno possibile.
 
(22 aprile 2016)

mercoledì 14 febbraio 2024

la poesia medicinale di Sandro Penna


Immagine mostra. Umberto Saba. La poesia di una vita

“Certo, vien fatto di pensare che la miracolosa perfezione di certe sue cose, la vergine rivelazione di certi suoi versi, che, la prima volta, ci fecero pensare addirittura al giovinetto Rimbaud, i limiti stessi di quel suo affettuoso e trasparente mondo poetico non comportino svolgimenti e arricchimenti di sorta. Penna è quello che è: un dono da prendersi o lasciarsi, come le cose della natura”. Parole di Sergio Solmi, scritte nel ’39.

“Poeta d’amore” si definì, polemicamente. E poeta orgoglioso del suo eros finocchio dichiarando con Satie: “Io non sono omosessuale, sono pederasta”. Non che i tempi, allora, fossero, più facili, e definirsi pedé non era certo cosa di poco conto. In Italia, poi. Già allora pedarasta era sinonimo di pedofilo. L’omosessuale concupiva i bimbi. Già allora. Non che fosse più facile. Oggi sembra tutto più semplice, perché “le cose cambiano” con Carlo Gabardini che ci rappresenta orgogliosamente ai nostri orgogliosi Pride, che è una vita che ci mettiamo la faccia e le chiappe per farli, e che noi siamo stati il carrozzone di Carnevale e tutte quelle robe qui.. e vabbé. [primo svarione]

Una parsimoniosa produzione poetica, la sua, edita poi in unico volume da Garzanti e affiancata da scrittura di novelle, raccolte, anch’esse in parte, sotto il titolo Un po’ di febbre sempre da Garzanti. Poesia caratterizzata da sentenze e massime morali, vero e proprio gioco, continuo osare per cui di fatto si nega l’epigramma con l’epigramma, la sentenziosità con la sentenza.

Non è offensivo dire che la felicità poetica di Penna non ogni volta raggiunga altrettanta pienezza: spesso non va oltre i primi versi [“attacchi” memorabili], come se il botto iniziale a lungo accumulato esaurisse in quel primo contraccolpo tutta la sua carica. Ho imparato molto da questo. Perché questi son proprio i difetti, i rischi, connaturati al dono poetico, e  non eliminabili ma quel dono, in tempi come i nostri, appare più che mai prezioso.

Ma come si potrebbe definire Sandro Penna? Una tra le voci maggiori del ’900 [Pasolini], un piccolo miracolo [Saba], un alessandrino, un poeta della Palatina? … oppure considerarlo un emulo di Saffo, di Alceo, di Anacreonte? Un personaggio di Durrell, forse?…

Risposte davvero infinite. Fu poeta libero, questo sì, colto, uno nomade dell’eros a proprio agio in un mondo senza storia. Nella solitudine assoluta del suo comodino stracolmo di medicine. Di rimedi chimici alla sue malattie vere e presunte. Un eremita. Un brontolone. Un rompipalle notturno che chiamava il designato di turno per dirgli che stava male. Un solitario, a caccia di corpi. Con un senso di mancanza.

Una mancanza. Così come lo è questo nostro vivere odierno: il nulla assoluto, lo svuotamento senza memoria, soltanto presenze per postura, ammiccamenti, per un esserci poiché così si deve fare, altrimenti non si è. Cioè non si è ghei se non si fa l’outing, che pure a me l’hanno detto di farlo che son ghei da quando avevo i miei bei 15/16 anni e già a 18 me ne andavo a battere da tempo sulla Fiera, fiero già allora.. Ci si appalesa, oggi, si esce dall’armadio [che già lo cantava Lou Reed ‘sto fatto di saltar fuori dall’armadio, ma lo cantava negli anni ’70] e da quel momento si diventa il mito da imitare scrittori e militanti, vestali del Mieli o Arcicula perché così deve essere, perché “io so dire e fare e brigare e voi no. E scrivo su questa e quella testata e quindi ciò che dico assume carattere di verità [vanità] e decido io perché dell’arci sono”. Sarà che io sono un antico, forse più barbaro che greco, e allora vi dico che un Penna può e deve ritornare anche oggi, senza mediazioni e compromessi, nelle nostre letture e nei nostri qua-qua di opinionliderghei dell’ultim’ora che a me, personalmente, mi pare si vogliano mettere la cravatta del civile, con le civilnozze che sembra l’unica cosa che c’han nel cuore. E ho scritto cuore per non scrivere di peggio. [secondo svarione]

Un “istintivo”, un primitivo, formatosi alla scuola della vita più che alle altre, ebbe una certa diffidenza per ogni giudizio critico che cercasse, definendola, di storicizzare la sua arte. Seguitò a rimanere non intrigato, come per cosa che riguardi un altro, e diverso, da sé. Diffidente. Condusse per tutta la vita un’esistenza appartata, preferendo alle occasioni mondane la compagnia dei suoi “amorazzi”, e vivendo di lavori disparati, dalla “borsa nera” durante la guerra fino al commercio d’arte. Di tutti i suoi amori, quello più forte, quello più vero fu per la vita, non per l’immortalità, e ciò avviene per ogni eluso od illuso amatore.

Non volle certo lasciare ai posteri foscoliani monumenti o lunghissimi carmi, la sua poesia non è che il diario quasi monotematico di un amore per alcuni aspetti del reale, ripetuto in infinite varianti, in una coazione a ripetere, un loop che è fonte di continuo e ripetuto godimento, insopprimibile anche nel dolore, “ma Sandro Penna è intriso di una strana gioia di vivere anche nel dolore”.

L’istintività non si limita al campo della cultura, ma investe la ragione stessa del suo poetare: è il poeta della vita libera dei sensi, di qua dalla riflessione, dal razionale, e, quindi dalla storia. Che non è di certa questa nostra miseranda storia che ci vuole incasellati in civilnozze di serie B, nell’irrigidimento delle nostre affettività vicino il più possibile a ciò che è civiltà, o un’idea di tale. Inquadramento. [terzo svarione]

Mirabile, come, con una tematica così circoscritta, entro un orizzonte necessariamente limitato, trovi sempre nuovi incentivi e nuove modulazioni. Ritmo, a volte addirittura sincopato, e insieme filato come un respiro: diventa un fatto di natura, pur essendo sempre elaboratissimo e vigilatissimo nella tecnica e nella sintassi, nella metrica e nella parola. E tutto ciò giova a caratterizzarlo perché quella fedeltà ai modi epigrammatici altro non significa che, nel suo mondo poetico, non c’è stato nessun profondo sviluppo.

Io tifo ancora per quel vitalismo alimentato da una gioia dei sensi ebbra, seppure ombrata di malinconia. Un impressionismo che riesce a contenere la propria estuante sensualità nel giro di pochi versi, nel pregnante nitore di sperma dove il rapporto parola-colore si esala in vaghezza musicale. Ecco, questo ancora vorrei. Amici miei ghei. Ma che ve lo scrivo a fare.
Voglio tornare ad essere ancora il “fiero pasto” di troppe pruderìes, fonte spesso di incomprensioni feroci di tanto debole maschilismo o di dolciastre adesioni, puramente tematiche ma spesso altrettanto incomprensive. [quarto svarione]

A me della sessualità altrui, ben poco interessa, non è questo il punto: ognuno sia nel suo talamo Sovrano, rispettoso nel rispetto. E comunque, anche se di fanciullo non si trattasse, dai versi del sensuale immoralista promanerebbe, quasi feroce, l’insopprimibile istintività dell’amore. Ciò nonostante, non ci si può esimere dal rilevare che il vocabolo-chiave è “ragazzo” nelle diverse accezioni, spesso in quella dispregiativa ma non priva di segreta gratitudine, di “ragazzaccio”. Il ragazzo è la forma, il corpo presente e pulsante dell’amore carnale ed è, di volta in volta, fanciullo, operaio, garzone di fornaio, cameriere, giovanotto, giovin signore, barbiere, ciclista, caldo animale, bestia da monta… è tutto questo che impaura il perbenismo becero: la nostra sessualità e non la nostra affettività. Ecco cosa temono. Le nostre erezioni, non questa insegnata dei matrimonii. È parvenza, fumo negli occhi. Non è questo il punto. Io voglio vivere la mia sessualità a prescindere da un matrimonio o no. [quinto svarione]

Il “tempo” di Penna non è storico, ma biografico: è l’alternarsi dei mattini, delle notti, delle primavere e delle estati perché le uniche storie accettate sono storie d’amore. Un vigoroso fuoriclasse. Originalità espressiva e molteplicità di riferimenti che suggerisce appena in una sorta d’autoironia erudita che volutamente dissacra ogni possibile ascendenza culturale. Essa evidenzia una grandissima libertà di formule e soluzioni, un gioco a volte parossistico, a volte rischioso, di rime, allitterazioni, assonanze. Un gioco molteplice, allusivo, presenza di spirito e contemporaneità che, col cavolo!, oggi leggo in tutti questi balbettanti ragazzoni che devono metter su famiglia. Voglio riconosciuti i miei affetti, io, voglio scopare con chi mi pare senza dover dire “vedete che mi marito? Che metto su famiglia? Son buono quanto voi? Lo vedete?” io non voglio una legge che mi accomuni a queste cose.. questa non è la rivoluzione, no. [sesto svarione]

Ripetizioni, endecasillabi, ottonarii, versi sciolti, ora aspri e trascurati, ora quasi stucchevolmente musicali, a volte consonanti con l’esasperazione di alcuni toni che qualcuno definì sgradevoli e smancerosi. Lontano da Kavafis anni luce, bizantino decadente e non alessandrino, anche se si è voluto vedere in lui la storia come “maschera”. Grazia espressiva che rende puro e leggero ogni suo estro, anche quelli insorgenti dal fondo più torbido della sua sensualità, quelle raffigurazioni – così insistite da assumere valore di simbolo – di marinai, operai e soprattutto ragazzi, messaggeri di un mondo restituito alla libertà degli istinti, e per di qua, ancor esso, dalla razionalità e dalla storia, con esiti che, anche se spesso non vanno oltre la notazione frammentaria, sono felici. Una libertà di istinti, estinta, oggi. Paurosamente accantonata. Debolmente affievolita da richieste civili. Ma io voglio essere ancora incivile. Voglio che mi venga ridata la mia sessualità. Questa devono temere. Arco e freccia pronta a colpire laddove il sociale e il civile non mi corrispondono. Per nulla. Rivoglio la mia realtà e la voglio poter vivere come voglio. Non questa parrocchietta del buonismo matrimoniale. [settimo svarione]

E la città è spesso nemica, piovosa o buia come nella pittura di Sironi, mentre i paesaggi solari richiamano a volte Carrà o Rosai. I colori si accompagnano ai sensi, e ai sensi si accompagnano agli odori. Il tutto fuso in una forma stilistica talmente sconvolta e affascinante nella sua ingenuità, da far dimenticare ogni colpa letteraria o culturale. Per Sandro Penna, il sesso è il tema dominante, calda e animale fisicità, sensualità data a priori, è il centro della vita, connessa prepotentemente al gioco dei mattini torpidi e delle sere inquiete, dei pomeriggi in cui anche la malattia rinfresca ricordi non rimossi.

Il sesso è onnipresente nelle delicate poesie di Penna. Ai critici che, pur trovando di grande valore artistico la sua opera, giudicavano “sconveniente” la sua insistenza sul tema del sesso omosessuale, Penna ribatté con versi di sfida: “Il problema sessuale / prende tutta la mia vita. / Sarà un bene o sarà un male/ mi domando ad ogni uscita”.

Le stagioni, il tempo, le esperienze, sono circoscritte da direzioni infinite entro le quali si muove la sua poesia e il movimento vitale dell’amore. Il movimento è ricerca continua e nomade di ogni possibilità di osare, di amare. Il sentimento del battere, che ogni omosessuale ben conosce. Anche se oggi si finge di no. Ma la nostra sessualità è questo. Siamo liberi. Non dobbiamo incasellarci. Rivoglio tutti i vecchi simboli del Movimento, rivoglio la libera sessualità, il poterla vivere senza essere aggredito o dovermi conformare ad un pensiero etero che mai non è stato il pensiero omosessuale. [ottavo svarione]

L’influenza di Penna sui giovani omosessuali italiani dovrebbe essere  avvertibile in modo netto, al punto che non dovrebbe essere eccessivo poter parlare di un suo influsso “formatore” sulla pensiero gay italiano contemporaneo. Ma non è così, in questa italietta da poco. Fatta ancora oggi di restrizioni matrimoniali e nessun mutamento reale.

Vita e sensualità, sessualità e peccato sono una sola cosa per questo popolino dell’italico pensare odierno: “Forse la giovinezza è solo questo / perenne amare i sensi e non pentirsi”. E il rischio della propria visibile libertà è l’inevitabile conseguenza della necessità di “osare”, osare l’amore, la propria sessualità a qualsiasi costo. Senza compromessi: “Amore, amore / lieto disonore”. [ho perso il conto degli svarioni]

so che avrete da ridire, lo so, questo è il mio Sandro Penna, attualizzato, saluti, Bo.

 

 

 

 

 

(18 giugno 2014)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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sabato 13 gennaio 2024

bio/biblio

Poeta, narratore (Vigevano, 1961), è stato redattore della rivista Poesia (Crocetti Editore) e ha lavorato come redattore esterno per il gruppo Elemond (tutto questo nel secolo passato).

Con lo pseudonimo di Bo Summer's, attualmente collabora, in qualità di blogger, al quotidiano digitale https://www.gaiaitalia.com/, dove alla sezione cultura ha una sua rubrica, https://cultura.gaiaitalia.com/cat/zio-bo/, nella quale prosegue il suo lavoro di ricerca sulla scrittura. Recentemente l'autore ha pubblicato, in formato e-book, due libri: "Storie", una raccolta di racconti di Bo Summer's e Soufiane El Khayat, e il romanzo sperimentale "#ElHorno", alla stesura del quale ha lavorato per dieci anni, frutto di una lunga ricerca stilistica caratterizzata dalla destrutturazione del testo attraverso l'utilizzo della tecnica del cut-up, cara a Tristan Tzara e mutuata in seguito da William Burroughs.

come Fabio Galli:

Poesie su Antologia "Trame della parola" a cura di Antonio Spagnuolo, edizioni Tracce, 1985

"Impura", edizioni Tracce, collana I campi magnetici, 1986

"Di una lettura di The Waste Land", breve saggio sul poema di Thomas Stearns Eliot apparso su "Post Scriptum", aprile 1988, ripubblicato da gaiaitalia.com

"Caròla", Crocetti editore, 1992

"Balli e canti", Pulcinoelefante editore, 1993

"Melancholia" - versione da Paul Verlaine, sezione d'apertura dei Poèmes Saturniens - edizioni L'Obliquo, 1992 (con serigrafia fuori testo di Bonomo Faita), ripubblicata da gaiaitalia.com con un testo introduttivo sulla traduzione

"Prima, nella storia, ancora", Bandecchi e Vivaldi editore, 1995

"A Marino per Moretti", quaderno collettivo, Casa Moretti, 2000

come Bo Summer's:

"Storie", racconti di Bo Summer's e Soufiane El Khayat, e-book

"#ElHorno", romanzo, e-book

https://ebooks.gaiaitalia.com/prodotto/elhorno-di-bo-summers-a-cura-di-fabio-galli/

"Orgasmica", racconto in “ Il foglio clandatino, aperiodico” n°86/87

domenica 24 dicembre 2023

la cultura come diritto umano fondamentale

Il 5 ottobre 2014, a Roma, incontravo, in qualità di curatore dell’opera omnia di Bo Summer’s, i suoi lettori, un incontro con un argomento che era quello della persona Bo. La persona che dovrebbe essere poi lo scrittore. La pretesa di raccontarne una genesi, uno sviluppo, una fine. L’idea stessa dello scrivere. Ne riporto di seguito, come per dovere di cronaca, e per chissà chi, le tematiche e i testi. Un compendio per chi non conoscesse.
da “Pillola” [storia di AIDS semivera e romanzata]
“Cioè dicevo che gli effetti collaterali della Pillola indicati sul sito dell’azienda produttrice, cioè ci sono un quantitativo eccessivo di acido lattico nel sangue che induce a debolezza, cioè dolori muscolari, difficoltà respiratorie, nausea, vomito, aritmie cardiache, brividi di freddo, febbre, problemi epatici, sovrappeso, cioè nervosismo a 1000 che intacca pure il sistema nervoso, se non lo sapete e in alcuni casi anche la morte. Cazzo è una roba da bestie, cioè una cura che ti spappola anche il cervello e un po’ la memoria che va a farsi fottere anche lei, e i vomiti e le nausee diobò”.
“Ho ancora il libretto che mi hai dato”, ha detto.
“I risultati finora ottenuti fanno ben sperare, soprattutto perché sembra che la Pillola non dia effetti collaterali a lungo termine, e l’unico inconveniente riferito sembra essere il mal di testa”. Sì, vabbé, questo dicono.
“Io non cerco qualcuno che mi consideri come GOOGLE e mi chieda 1000e1000 informazioni sul cosa e sul come e sul perché, dato che ci sono tanti siti in cui trovare informazioni sulle malattie sessualmente trasmissibili e, nonostante il mio stato, ci tengo ancora molto alla mia salute e cerco di preservarla il più possibile. Attualmente non sono in cura farmacologica, ho una carica virale attiva, anche se non esagerata, meno di 2500, ed ho i cd4, gli anticorpi che il virus dell’HIV cerca di distruggere, che, per il momento, sono alti: 1097, tenendo conto che una persona sana, ne possiede tra i 700 e 1400 diciamo che non si può dire che son messo male”.
“Ma insomma, tuttavia, ho delle forti perplessità su questa Pillola. Cioè io ho un mio amico d’infanzia , quasi come un fratello per me, che abbiamo fatto tutte quante le scuole insieme asilo, elementari, medie e superiori, che dopo una relazione etero, è bene dirlo e che cazzo!, si è scoperto sieropositivo e da sei anni, come terapia, gli viene consigliata proprio la Pillola.
“Mi piace baciare, fare le coccole, farmi accarezzare, fare l’amore, dare e ricevere piacere. Cerco persone con le quali interagire, possibilmente nella realtà, e non solo in chat, persone positive, non necessariamente in tutti i sensi, e con le quali relazionarmi in modo costruttivo, il sesso non sempre è necessario”.
“Questa malattia che è una invenzione dei media per attaccarci e non lasciarci la nostra libertà animale… i casi sono rari, non è come la descrivono la situazione in America, non è vero che la gente muore, io guardo prima una persona, si capisce se uno sta male o no” frasi ascoltate veramente, in quegli anni ’80, frasi che ancora oggi s’ascoltano.
“Sei molto gentile a dire tutte queste cose ma stai diventando drammatico. Non è tanto un atto di coraggio perché si tratta di un atto di temporizzazione. Cioè come aspettare il tempo giusto per morire, come ad aspettare fino a che non si ha finita la libertà vigilata per fare sesso”.
“Sono d’accordo la situazione è scioccante, c’è da dire, ma non è senza speranza. L’infezione da HIV è ancora evitabile. E c’è un modo, un unico modo ma non lo si pubblicizza abbastanza, è normale che sia così, ora, dopo anni, si è tornati al punto di partenza. Lo vedo, cazzo!, lo vedo nei locali come si fa ed è come non ci fosse mai stata la paura e il ragionamento è che tanto c’è la terapia mica si muore più. Questa è la realtà. Porcaputtana”.
“Sono positivo del virus HIV da molto tempo, ormai, come passa velocemente il tempo, e tutto sommato vivo abbastanza bene la situazione e così ho ancora un qualche problema a fidarmi del prossimo visto che, chi mi ha reso HIV positivo, era una persona di cui ero innamorato e mi ha nascosto, tra le altre cose, di essere sieropositivo, addirittura presentandomi analisi false e poi sono anche empatico e sensibile, dicono simpatico, gaudente e goloso, semplice e sofisticato allo stesso tempo, mi dedico, a tutto ciò che mi comunica benessere e piacere, sono attento ai dettagli, fin troppo”.
Delle chat e altre amenità
adesso ve lo chiedo: ma voi le chat porno le frequentate? Se sì, alzate la mano. E comunque, io, frequento le chat, specialmente le videochat: dovreste veder le facce (quando non si vdono altre parti anatomiche, naturalmente) delle personcine e modino che stan lì dentro… e comunque, spesso, nelle chat, ci son delle presentazioni scritte che mi piace di riportare, fare cassa di risonanza:
“Si astenga dal contattarmi, anzi non serve dar del lei se l’educazione è stata disintegrata dalle cattive abitudini , per cui NON CONTATTARMI SE : non scrivi un clinz nel tuo profilo!!! (clinz = niente )….o se ometti ogni o parziale informazzione !! hai un’età?? scrivi quella che hai o almeno dillo a me!! sei attivo ?? scrivilo !! sei sposato etc etc ?? dillo!! mi son rotto la minchia (MINCHIA = CAZZO PENE VERGA PISELLO) di perder tempo con anonimi del cazzo!! di fatti da oggi in poi eviterò pure di chieder chi sei ….come ti chiami …. che faccia hai …. manda una foto più decente etc etc …. per cui se sei gay sforzati di civilizzarti !! se sei “frocio” non fai per me !! in quanto gay (e fiero di esser gay!!) cerco di viver la vita senza mentire a me stesso o a chi frequento!! non son tipo da botta e via! …. non cerco malattie ne malati …. cerco gente che sia risolta con se stessa!! …. ps: a tutti coloro che credon che son frustrato o roba simile dico: GUARDATE VOI STESSI!! andate a far dell’amore ….o se preferite del sesso ….ma fatelo con cuore e cervello aperto!! non deformatevi la realtà a vostro piacimento!! vivete per la qualità della vita!! e non per la quantità!! ….ok ?? e se non è ok ciava zero!!(ciava zero = frega niente!) io non attacco nessuno!!! ….ma occhio a ciò che dite e o mi fate ….perché in guerra ( anche se non la cerco e non la voglio) ma in guerra tutto è concesso!! ok??
NON MI CONTATTINO Coloro che han foto scattate a 56 metri di distanza durante un eclisse solare, con una tempesta di sabbia in atto e per giunta il fotografo sofferente da una accoltellata al pancreas e con l’halzaimer!! sfocate ,parzialmente modificate e o rimpicciolite a tal punto che mi serve un microscopio professionale per visualizzarne il contenuto!! mi fate ridere!! siete solo cagati dall’esporvi !! (ma lo posso capire… solo che magari se evitate la scusa: non avevo altre foto , non so come metterne di nuove etc etc … ci son skype e msn per compensar a questo ….ma evidentemente credete di esser super furbi ?? chissà magari lo siete …. ”
sulla comunicazione, ad esempio, sono andato fino a Roma per dire: 
se disegno una forma su di un pezzo di carta, compio un atto che scelgo in base all’esperienza della mia situazione; cosa ho esperienza di fare, e qual è la mia interazione col Mondo fuori dalla mia esperienza di scrittura sul pezzo di carta? Nulla.
Jobo è un racconto di Bo, dopo la serata qualcuno mi ha detto che in redazione erano arrivate email che dicevano che non si può sempre rappresentare un gay in questo modo:
Avevano camminato almeno un paio di chilometri dietro di me e tutto stava concludendosi con un ospintone e qualche buffetto?
Avevo cercato di cancellare tutte queste sensazioni malate ma quel gesto fu una vera riveazione.
Avevo interrotto il cerchio dei loro corpi sul vagone della metropolitana per passare e per andare oltre e per lasciarmeli deinitivamente alle spalle. Immaginavo che a muta fosse formata da prdatori armati che amano solo le prede vive. M’era parso di cogliere il loro sguardo quando me li ero trovati davanti. Faccia a faccia.
Bo Summer ha narrato
la nascita del fetish, il voyeurismo, il trimmer, goldenshower… e di altre amenità. Ma in pochi si sono accorti dello stile e della scrittura.
Ha raccontato un mondo a parte. Un minuscolo e miserrimo universo parallelo. Tutte le voci, le intenzioni, gli intendimenti, le parodie sono state come remixate in un piccolissimo e annoiatissimo teatro di volti rifratti, con la nenia romanzesca di un poetucolo minore, ormai scordato dal mondo letterario e mai entrato a farne parte veramente, che narrava, inascoltato quasi, ogni volta, con suono querulo e petulante, obbedendo esclusivamente e caparbiamente all’ispirazione della sua sessualità disinvolta e mai tradita e poi ancora s’arrabattava a confessare con affanno, quasi masochisticamente, al primo lettore che mai gli capitasse a tiro, il proprio sesso felicissimo, le proprie depravazioni risolte, le proprie trasognate avventure erotiche, a volte addirittura rocambolescamente realizzate, le livide striature del suo corpo e del suo animo divelti che sono come marchi d’una fin troppo assaporata e privilegiata cattiveria desiderata.
breve nota:
tutta questa roba che vi racconto, tra il vero e il fantascientifico, è vera e fantascientifica. Ho lavorato sull’allusione poiché troppe e tali sono le aspettative che non me la sentivo di far comprendere appieno la realtà. Molti fatti narrati son veri altri inventati per stupido piacere narrativo. Non volevo che alcuni si potessero riconoscere tanto è il dolore di questa verità. Direi che il risultato non cambia, pur avendo, a volte, esaltato, inventato o riportato falsate statistiche ed eliminato o artefatto nomi o altri fatti e persone cui faccio riferimento. Chi potrà capire a fondo, capirà, ad altri rimarrà un terrorifico racconto che instillerà loro il dubbio. Almeno, spero.
riprendo la lettura di “Jobo” spiegando che Jobo è il nome del protagonista, un nome di pura invenzione, che quel nome non esiste e che quindi anche i fatti narrati non esistono.. mi fermo.. forse sorrido.. e aggiungo che se quel nome fosse reale, allora anche quei fatti sarebbero reali:
“Brutta checca, frocio di merda.
Capii soltanto che probabilmente avevo interferito in una loro impresa. Avevo assunto ai loro occhi non so più se il ruolo del testimone di un gioco e di un ruolo che mi fece diventare il nemico.
Cose ovvie di questo genere. Voci. Sciabordii. Ma che mi producono un certo quale effetto di sottomissione. Un orizzonte. Un balenìo di senso dissennato.
Così è che tutti gli esseri umani, o solo alcuni, o nessuno siano delle scrittori.
Così pensai mentre mi alzavo da terra e m’appoggiavo al muro. Caddi dunque con la faccia in avanti. Avvertii il contraccolpo che attraversava il mio corpo.”
Di me, su me. Ho provato a dire. Fra volti perplessi.
Della mia storia passata di scrivente, pochi sanno, pochi sapevano e pochi sapranno. Ma ora qualcosa di tutto questo mio scrivere passato e presente è ritornato come a dire: Signore e Signori sono ancora qui. È stato un buon tempo, questo, per questa mia narrazione che in tutto il periodo della sua stesura, durata anni, ha avuto non poche difficoltà e rifiuti. E qui chiude. Altre cose ho già in cantiere, troppo silenzio ho subito.
desideravo definire lo scrittore e ho detto loro:
Devo giocare al loro gioco
di non vedere che vedo il gioco.
ripreso “Jobo”
“Difficile essere più preciso. Stavo lì. A terra e con la nuca appoggiata deicatamente all’asfalto nell’attesa che se n’andassero.
Doveva essere il capo della muta.”
ho accenato a #ElHorno, il mio romanzo ancora lì, in attesa…
E ancora il concetto, tipico di quegli anni, all’inizio del contagio dell’AIDS.
Ci ho pensato più volte a questa cosa dello scrivere per scrivere. Dello scrivere come terapia. Io non scrivo per curarmi. Per quello c’ho le medicamentose medicine chimiche. Son stanco e non ho un ego maiuscolo. Mai avuto. Non comincio di certo ora che non ho nemmeno più il tempo per stargli dietro. Fare gli amoreggiamenti con me stesso. Mettermi in primo piano, alla berlina, se si vuole… ma no, non sono io quello.
Così ognuno deve rifarsi, a questo punto, alla propria esperienza personale. La mia esperienza ed il mio agire si attuano su di un piano sociale di reciproca influenza e di interazione.
Vi chiedo: il passato che sappiamo definitivamente irrevocabile può dare un senso al presente e risvegliarne i mostri solo perché appare anch’esso come mostruoso e come ciò che è stato irrevocabile?
E poi ancora e ancora chiacchiere, per questo autore da fumetto, che ha il nome di un pornoattore, quasi come miasmi frenetici e famelici avventori di un locale estremo che sempre più assomiglia ad un rutilante e perpetuo vortice dell’inutilità e del provvisorio, sguardi senza estetismi o bovarismi, trabocchi urticanti di parole non si sa se realmente ascoltate e veramente dette da qualcuno, e poi ancora quasi sogni d’incubo, allucinazioni verbali, risate chiassose, racconti esilaranti di sesso con sconosciuti e vero sesso PORNO, e in tutto questo carnaio d’approssimazioni ci sono cose da vero intellettuale come RECENSENDA e MEMORANDA, che paiono scritte da un seguace di un’irriverentissima religione aliena quasi dimenticata dall’intero universo e lasciata lì a marcire sepolta – per propria volontà, parrebbe – tra corpi seminudi, traslucidi, rivestiti di pelle o gomma, in una realtà che declina verso l’estrema finzione, nello sfumare tra la grazia e la sapienza di una tribù che persiste nella propria sopravvivenza, in una fisicità da deserto delirante e assoluto fino all’estrema unzione.
E poi ancora le frasi profetiche che nessuno ha letto: ma se mi lascio trascinare dallo zelo del fedele sguardo del mio raccontare, finisco con l’accusarmi di secondi fini, che non ho, per darmi l’apparenza dell’uomo sincero che certo non cerca di risparmiarsi le umiliazioni: in tutto ciò sono cominciate le mie narrazioni visionarie.
e poi: Scrivendo cerco di svelare i caratteri di nuove possibilità che emergono [e allora faccio rivelazione]
E se in una mente turpe come quella di Skeeen [protagonista di quella farsa romanzata che fu ed è #ElHorno] nascesse un sentimento? Una sorta di amore? Cosa accadrebbe?
E se le piramidi possono preservare la carne dalla putrefazione, la Pillola può allo stesso modo farlo per voi?
e tutte queste cose potrebbero essere: Modulazioni di tono e di volume che delineano una forma precisa ma senza fornire le informazioni ché mancanti negli spazi tra le linee e davvero sarebbe grave errore scambiare le linee per la forma, o la forma con ciò che essa rappresenta [questa citazione è mutuata da un testo teorico sull’arte di Jole De Sanna].
E ho cercato di spiegare lo “scrivere”
È un atto d’amore e anche noi, quando cerchiamo d’imparare che cosa significhi amare, non finiamo per perderci nella riflessione che pensa intorno all’amore? non perdiamo tempo pensando di amare invece di amare? Un loop continuo, un fist infinito sulle nostre sling mentali? Ma sul nostro cammino cade lenta, costantemente, una luce che illumina il nostro amore.
poi ancora “Jobo” come in cortocircuito:
“Era buio ma potevo scorgere bene il corto cilindro di carne proteso come l’emblema del suo potere. Ebbi l’impressione che non volesse farmi davvero male. Dopo avermi colpito m’afferrò entrambe le guance tra le dita. Come si fa certe volte coi bambini. Le strinse. Le mie guance secche e smagrite mentre m’insultava.
Era evidente che s’aspettavano qualcosa di più. Per gli altri la cosa non poteva finire lì.
Facendomi largo bruscamente attraverso l’ostacolo dei loro corpi. Spostandoli lateralmente con uno spintone. L’avessi mai fatto. Avevo dato il La a una razione a catena inarrestabile.”
poi ho chiuso l’incontro e ho alzato la musica “disco” che faceva da base e che ha accolto tutti all’inizio
Gli scrittori non si parlano. Si citano. Autocitano. E precipitano.
Grazie alla pazienza di Max Calvo [se esiste, poiché mai lo vidi] e alla silenziosa presenza del Capo che vidi a Roma. Grazie a Alessandro Paesano che quella sera si palesò. Anche quella sera non mi hanno mai censurato. Probabilmente mi sono più censurato da solo vedendo in piena luce i volti dei miei ascoltatori. Gaiaitalia.com ci ha dato anche questa possibilità: a me e a Bo Summer’s. Chi c’era, c’era e chi non c’è stato quella sera mai ci sarà.

http://cultura.gaiaitalia.com/2014/10/gaiaitaliateatrofest2014-bo-summers-la-cultura-come-diritto-umano-fondamentale-lintervento/

lunedì 27 novembre 2023

pubblicare poesia


Pubblicare poesia, oggi, è al di fuori di ogni controllo, di ogni macinazione vicina all’atto consumistico. Poesia non è vendibiltà, mai lo è stata, a maggior ragione nel nostro contemporaneo. Pubblicare poesia è, oggi, più che allora, atto di identificazione con il nulla del dire. Se non al proprio parlarsi, a volte, addosso.

È da anni che in Italia la poesia corre lungo vie sotterranee di autodefinizione. Vie sotterranee che, a mio avviso, certificano un essere in disparte, un non centralizzarsi, nemmeno col pensiero. Neppure con la presenza fisica dell’autore. E non solo si tratta di una grande metafora di quanto avviene nella superficie delebile del reale.

 
Le vie del fare poetico sono spesso invisibili, o, meglio, sfuggono a criteri di visibilità. Ciascuno tenta le carte che può, che possiede, per raggiungere affannosamente un momento che si avvicini, almeno lontanamente, alla realtà del tangibile. Come se il poetare non dovesse essere il più lontano possibile da ciò che altre espressioni dell’umano artefare propongono. Poetare è assenza, mai centralità o assoluto dire.

orgasmica

E così vi posso assicurare che tutti i tentativi fondamentali di studiare la nostra condizione umana costituiscono un pericolo per il falso orgoglio e il pregiudizio, dietro i quali l’animale umano nasconde quasi compulsivamente la propria nudità.

Vivevo con il mio amico e in quel periodo decidemmo di costruire un piccolo appartamento.

Avevamo praticamente molto terreno davanti a casa per poter costruire questo piccolo appartamento che tanto avevamo desiderato, pur se avevo già anche troppo da fare con la mia intossicazione da sesso.

Così all’interno avevamo piazzato un vecchio congelatore sufficientemente grande per metterci dentro tanto cibo che ci permettesse di superare un’intera stagione senza troppi problemi.

Esiste il piacere dell’orgasmo che sale come una cifra di vendita in pieno rialzo, e il piacere di un orgasmo spiacevole che precipita gravemente come l’indice Dow Jones nel 1929.

Quindi, con piacere mi rendo conto che davvero, come tante delle cose eccellenti che ho scritto, anche questo è un eccellente passaggio ma è un fatto di pura finzione.

Considero che la malattia nasce quando la carica elettrica sulla superficie delle cellule umane cade esattamente come in un punto di soffocamento.

A fatica costruimmo una casetta di legno grande abbastanza per metterci dentro una sedia, un tavolo, un letto e una tv, poi rivestimmo completamente l’interno con uno strato di sughero e una fodera di metallo galvanizzato.

Era, cioè, la nostra idea di appartamento.

Decidemmo così di costruire questo piccolo appartamento ed assemblarlo come fosse un enorme loft.

Il mio amico ogni sera agiva, era uno dei miei numeri preferiti della serata dentro l’appartamento: si toglieva i vestiti, si sdraiava sul sughero e veniva, senza mani.

Davvero il mio amico era uno strumento sessuale potentissimo.

Insomma, per farla breve, abbiamo costruito questo appartamento all’inizio dell’anno.

E la gente del posto ci guardava da lontano dubbiosa, mormorando “Stregoneria”.

In qualche giorno, abbiamo assemblato una scatola di legno di una altezza approssimativa di due metri e mezzo e l’abbiamo foderata per bene.

Era quella la nostra stanza principale, il nostro open space.

Io ne ho fabbricato un altro, poi, più piccolo, lì vicino, rivestito di polistirolo da imballaggio e ovatta, il tutto avvolto in tela di iuta per costruire il nostro cesso, comunicante con l’edificio più grande tramite un grosso tubo, recuperato da una discarica, che funzionava come corridoio di comunicazione, e tappezzato da quattro strati di sughero molto spesso, per i rumori.

La gente ha comunque la tendenza a esagerare le cose, mitizzarle: mi domando come siano arrivati a raccontare che io organizzavo orge lì dentro per far divertire i maschi depressi della zona! ma è certo che l’appartamento aveva effetti sessuali ben precisi almeno su di me.

E poi ho pensato di migliorare il nostro appartamento orgasmico usando del legno il più organico possibile, e così abbiamo raccolto delle foglie e dei rami da cespugli di bosso per fissarli sul tetto di quella cabina mistica.

La decisione dovrebbe esser presa ovviamente dal paziente malato e non da altri, questo è chiaro.

Chi vi parla si è domandato se non si potrà concentrare l’energia orgasmica di quell’appartamento e dirigerla per tentare di dissuadere i miasmi della lascivia e dell’ansietà puramente idiota di questa società che blocca ogni ricerca scientifica dei fenomeni sessuali.

Chi vi parla pensa inoltre che quella terapia sia veramente inoffensiva e non si ponga assolutamente in conflitto con nessun’altra terapia.

Le pellicce di lapin davano all’appartamento un aspetto surrealista, più organico, come una vasca da bagno in pelliccia.

Passavo dai quindici ai trenta minuti ogni giorno in meditazione all’interno di quell’appartamento, con l’unica confortevole sensazione che, in fondo, stavo facendo diminuire la possibilità di contrarre la malattia a tutti quanti nella zona.

Qualcuno ci venne a trovare, ma non entrò mai nell’appartamento.

Nella parte esterna, il mio, amico stese una mezza dozzina di vecchie pellicce di lapin per rendere ancora più energica la carica orgasmica.

Io pensavo che l’effetto sarebbe potuto aumentare di molto usando acciaio magnetizzato e costruendo l’appartamento a forma di piramide e di certo non mi sbagliavo

La stanza orgasmica può effettivamente essere usata in situazioni senza speranza è ancor più in situazioni terminali, può infatti essere utilizzata durante il periodo che intercorre tra la biopsia e l’operazione chirurgica.

E quando affittai, qualche anno fa, quell’appartamento il mio amico stava fabbricando qualche mobile per me e ancora quando, dopo avermi lasciato, venne a trovarmi, io abitavo oltre il fiume, in una piccola casa sulla ferrovia, in un appartamento appoggiato su dei pilastri di cemento su un terreno paludoso.

Quell’appartamento orgasmico era una vera e propria terapia che venne rifiutata senza alcun valido motivo dall’estabilshment della medicina.

Nessuno ha sostenuto l’uso della terapia orgasmica a scopo preventivo e come miglior trattamento attivo contro la malattia.

Rimuovendo anche solo la possibilità di quella terapia, le autorità si sono caricate di una pesante responsabilità soprattutto in virtù del fatto che ricercatori indipendenti sono ora sostenuti da alcune certezze sulle nostre scoperte.

Se le piramidi possono preservare la carne dalla putrefazione, possono allo stesso modo farlo per voi.

Vorrei applicare il metodo scientifico ai fenomeni sessuali, misurare precisamente la carica elettrica di un orgasmo, e unire queste misurazioni all’esperienza soggettiva del piacere e del dispiacere.

© https://cultura.gaiaitalia.com/2014/02/week-end-letterari-di-gaiaitalia-com-bo-summers-orgasmica/